mondovallan e le mostre

 

INDICE

PERSONALE presso OTTICAVISUS di SPILIMBERGO  (01 luglio 2017 – 22 luglio 2017)

PICCOLA COLLETTIVA D’ARTE SACRA (15 aprile 2022 – 1 maggio 2022)

COLLETTIVA PASOLINI A SACILE 2022 (15 Ottobre 2022 – 30 Ottobre 2022)
la PICCOLA COLLETTIVA D’ARTE SACRA
organizzata dall’Associazione Culturale La Medusa (vedi website cliccando il nome) operante in Gubbio nel settore della Cultura e della gestione museale. L’Associazione  è composta da giovani eugubini laureati in “Beni Culturali” con varie specializzazioni ed è ente gestore del Polo Museale Diocesano cittadino, di Palazzo del Bargello e del Museo della Ceramica a Lustro-Torre Medioevale di Porta Romana.
L’Associazione inoltre organizza eventi culturali, soprattutto legati al settore dell’arte contemporanea, promuovendo mostre collettive tematiche.
Il Museo diocesano (vedi website cliccando il nome) si trova nel centro storico di Gubbio, tra la cattedrale intitolata ai Santi Giacomo e Mariano ed il palazzo ducale, fatto erigere da Federico da Montefeltro alla fine del XIV secolo. Il percorso museale si articola all’interno del palazzo del Capitolo dei Canonici. Edificato nel XIII secolo e ampliato successivamente, il palazzo ospitava il Collegio dei Canonici addetti al culto liturgico del duomo, la cui vita comunitaria fu regolamentata da Sant’Ubaldo. All’interno di un complesso architettonico unico ed affascinante, il visitatore può ripercorrere l’origine e la storia dell’antica diocesi eugubina. Materiali lapidei di epoca romana, bizantina ed altomedievale si alternano ad interessanti dipinti dei secoli XIV e XV, epoca in cui la produzione artistica locale fu particolarmente fiorente, e a preziose suppellettili ecclesiastiche e paramenti liturgici. La raccolta si compone di oggetti provenienti dalla cattedrale, da edifici religiosi della città e dei dintorni, e da alcuni pezzi di proprietà privata. Nella sezione archeologica si trovano steli funerarie romane, lapidi e lastre sepolcrali. Tra i dipinti si distinguono le tavole dell’eugubino Mello, attivo tra il terzo ed il sesto decennio del Trecento, raffiguranti la Madonna con il Bambino. Evidenti risultano i debiti nei confronti di Ambrogio Lorenzetti, riferimento frequente anche per altri pittori locali, tanto da far pensare che vi fossero in zona testimonianze del pittore senese oggi perdute. Il XV secolo è ben rappresentato attraverso pittori della cerchia di Ottaviano Nelli e da un ciclo di affreschi con scene della Passione di Cristo provenienti dalla cripta della chiesa di Santa Maria dei Laici, mentre i secoli successivi sono rappresentati da opere di Benedetto Nucci, Ignazio Danti, il Pomarancio, Francesco Allegroni e il Sassoferrato. Particolare interesse riveste il piviale di Marcello II, vescovo di Gubbio tra il 1544 e il 1555, di manifattura fiamminga del XV secolo, probabilmente eseguito su disegno di Giusto di Gand. Completano la raccolta una serie di reliquari e di suppellettili ecclesiastiche, argenterie, insegne vescovili tra cui va segnalata la stauroteca in argento di Giovanni Giardino il cui disegno è conservato a Berlino presso la Kunstbibliothek. Da via Federico da Montefeltro è possibile notare, dietro una grata, una grande botte in legno del XV secolo della capacità 387 barili, circa 200 ettolitri, detta Botte dei Canonici.

Nella collettiva  è stata presentata la seguente opera:
L’origine: l’eredità di Longino

Bruno  giunge a questo appuntamento dopo aver percorso chilometri di esperienza artistica. Componendo, scomponendo  e ricomponendo,  egli  ha inseguito per più di mezzo secolo un insolito progetto: raffigurare la realtà indescrivibile.
Secondo il suo pensiero,  la realtà  consiste in ciò che esiste ovvero  sia  effettivamente esistito.  In una  tale visione non hanno senso le immagini volte a descriverla  perché essa si concreta  in un moto costante dove  nessuna espressione raffigurativa può renderne compiutamente l’idea. Il suo meditare conduce ad un concetto di realtà in cui  le cose sono  in perenne mutamento. Ciò che ora è, tra un istante non è più. In una tale concezione il tempo è più veloce dell’artista. Ogni forma di arte così,  dall’inizio alla fine nella sua  prassi esecutiva,  descrive erroneamente un divenire che al termine del lavoro è già diverso dal progetto iniziale.
Come mosaicista, per anni,  Bruno  ha percorso  i greti dei fiumi in secca e, in completa solitudine,   ha raccolto sassi, pietre e vetri,  scegliendoli, smistandoli e ricomponendoli  in coerenza al suo gusto personale.  Ha trasferito successivamente il suo carattere meditativo alla pittura  stabilendo con l’ambiente  un rapporto davvero singolare.  Per l’artista è meglio convogliare il lavoro sui particolari piuttosto che sul complesso.  In tal modo  un dettaglio può canalizzare l’attenzione di chi guarda verso il messaggio subliminale che l’opera desidera esprimere. Nessuna presunzione dunque volta a descrivere un  mondo circostante che di per sé è indescrivibile ma, l’intenzione di coglierne un dettaglio facendolo diventare protagonista. Si tratta di un portato delle sue lunghe ricerche in solitario. A volte un singolo sasso racconta più di mille episodi perché spesso questi ultimi, ognuno nella loro complessità, sono destinati  ad essere  oggetto di altrettante interpretazioni.
L’opera qui presentata, denominata l’origine ovvero l’eredità di Longino, ci riconduce ad un evento avvolto di mistero e forse di fantasia ma, come dianzi detto,  per l’autore non è tanto  importante la veridicità  del fatto quanto il messaggio che esso contiene. Il quadro porta in primo piano la ferita inferta al corpo già straziato di Cristo (si tratta dunque di un dettaglio) allorché  il soldato romano si interrogò sulla effettiva morte del giustiziato.  La lacerazione inferta porta con sé, erga omnes,  un monito iconografico.  L’ammonimento è rivolto, in unità di tempo, luogo ed azione,  non solo ai cristiani ma a tutte le popolazioni. Esso ripropone  all’anima di ognuno  una domanda straziante e sempre attuale: – Dio è morto?   Al cospetto degli atti criminali  come le  guerre, le torture, gli stupri, le violenze e gli egoismi di ogni genere, che da sempre si susseguono in questa Terra, parrebbe logico giungere ad una risposta affermativa.  L’eredità di Longino consiste in una piaga che non guarirà se non con la fine dei tempi cioè quando il genere umano  ritroverà sé stesso all’interno di un’armonia imposta da un Organo Superiore: Dio per coloro che credono in Lui.
L’opera presenta quattro firme e può essere osservata in qualsiasi modo (verticalmente ovvero orizzontalmente) affinché ognuno possa accogliere  il monito di Longino nel linguaggio  subliminale più adatto alla propria percettibilità . (commento di Renato Derik Bortolan)
L’opera ha ricevuto la seguente menzione:

L’uomo e lo spirito
Attestato di partecipazione con menzione della tecnica:
Per l’uso materico del colore e le sapienti sfumature dei toni rossi, che danno all’opera astratta un alto valore mistico e simbolico, si conferisce la menzione all’artista
BRUNO VALLAN

pagina iniziale

 
Personale presso OtticaVisus Spilimbergo 2017
dove la natura assume le forme della cultura“. Quella del 2017 fu la sesta edizione della rassegna d’arte “avveduti“, appuntamento annuale nello spilimberghese per l’arte contemporanea nonché esperimento di collocazione di forme artistiche contemporanee fuori dai circuiti tradizionali. L’evento, con sede presso gli spazi commerciali di OtticaVisus, diede forma a livelli diversificati di utilizzo degli spazi stessi. Avveduti 2017 vide la presenza di quattro artisti del territorio friulano il cui legante fu, ed è, la ricerca sulla tematica del fiume, dell’acqua, dei sassi … (Chiara Moro). Opere esposte di Paola Gortan, Walid Haddadin, Giuseppe Onesti e Bruno Vallan (dal 01/07 al 22/07).
Le opere del Vallan sono creazione e immaginazione pregne di ricordi, di suggestioni per i propri luoghi, per la natura del proprio territorio fatto di greti di fiumi e di un naturale levigare di pietra, metafora di un tempo che cura e lenisce, crea e sopisce. La forza dinamica del segno, netto e materico, attinge alle emozioni e sfocia dal rimestare dei pensieri; attrae in un labirinto di cui è risultato e osservazione. Labirinto che è quello della mente e della coscienza la cui uscita diventa necessaria per definire la propria identità se accompagnata dal sentimento. La tela, materica e increspata, viene esaltata dalla freschezza dei colori e da un infallibile controllo dei toni rivelando una modernità di concezione che stupisce ed affascina. Estranea alle vacuità ed alle problematicità contemporanee, la pittura di Vallan diventa un tutt’uno con il quotidiano da cui nasce ed emerge. Le sue opere colpiscono chi le osserva. Le si ama e se ne vodono le vene più profonde ma, proprio per il loro essere un’arte che nasce dall’impulso e muore nell’affievolirsi delle emozioni, diventano, quando non le si osserva più, parte della nostra memoria come un vento freddo che ci scuote dentro e di cui scompare la sensazione al primo raggio di sole (…) Le opere del Vallan appartengono a quella rara categoria di oggetti fascinatori che necessitano di osservazione, studio e concentrazione: per rimanere suggestione nella suggestione, emozione nelle emozioni.
Alcune ulteriori opere esposte nella personale di Spilimbergo

pagina iniziale

fff

 

 
Ho partecipato alla mostra collettiva promossa da A.N.L.A. (Associazione Nazionale Lavoratori Anziani) presso la ex chiesa di San Gregorio a Sacile dal 15 al 30 ottobre 2022, in occasione del centenario della nascita di Pier Paolo Pasolini che da bambino per alcuni anni visse in quella città. (essendo il padre di lui un militare di carriera a Sacile).
Il mio dipinto: SPIRITO D’ AMORE si riferisce alla poesia “Ciant da li ciampanis” (Canto delle Campane) composta in gioventù a Casarsa. Molto più tardi negli anni romani, Pasolini probabilmente già cineasta, rielaborò la stessa lirica in forma molto diversa mantenendone tuttavia invariato il titolo.
 

misure: cm 50×50 – Tecnica mista su tela

CIANT DA LI CIAMPANIS

Co  la sera a si pièrt ta li fontanis
Il me paìs al è colòur smarìt.
Jo i soj lontàn, recuardi li so ranis,
la luna, il trist tintinulà dai gris.
A bat Rosari, pai pras al si scunìs:
jo i soj muàrt al ciant da li campanis.
Forèst, al me dols svualà par il plan
no ciapà pòura: jo i soj un spirt di amòur
che al so paìs al torna di lontàn.
                                                                  P.P.Pasolini
CANTO DELLE CAMPANE
Quando la sera si perde nelle fontane
il mio paese è di colore smarrito.
Io sono lontano, ricordo le sue rane,
la luna, il triste tremolare dei grilli.
Suona Rosario, e si sfiata per i prati:
io sono morto al canto delle campane.
Straniero, al mio dolce volo per il piano,
non aver paura: io sono uno
spirito d’amore,
che al suo paese torna di lontano.

pagina iniziale